“Ormai sono solo ossa”, così dice la gente. E i ragazzini ci vanno a giocare, fantasticando di essere i protagonisti di un film dell’orrore.Sono morti da più di un secolo, questo è vero, ma non ci sono scusanti : ogni essere umano ha diritto ad una degna sepoltura.Purtroppo, però, il vecchio convento di San Francesco, sito su una collinetta del territorio tursitano, mostra uno scenario che non ha rispetto per la morte.
Cumuli di resti umani, che si confondono con polvere e calcinacci, regalano uno spettacolo sconcertante e raccapricciante. Eppure nel 2008 la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva stanziato circa due milioni e mezzo di euro per il restyling del convento. Un restauro che doveva non solo mettere ordine in quelle tombe profanate, ma che voleva soprattutto recuperare un’opera architettonica di grande valore, uno scrigno di storia e cultura. Basta pensare che questo sito religioso è ancora oggi ritenuto dagli esperti uno dei più importanti del territorio lucano. E forse lo è ancor di più dopo la recente scoperta di un affresco risalente all’anno 1.337, che ha portato necessariamente alla riscrittura della storia degli insediamenti francescani in Basilicata.Infatti, prima di questo ritrovamento, la costruzione del complesso conventuale, appartenente all’Ordine dei Frati Minori Osservanti, si era fatta risalire al 1441.Sin dalla sua fondazione aveva accolto un noviziato, un professorato e uno studio di filosofia, mentre nel seicento divenne seminario di tutte le arti liberali.
Nel 1609 la struttura venne, poi, ampliata e arricchita con una biblioteca molto famosa a quei tempi. Ma nel XIX secolo i frati cominciarono a diminuire, fino a quando nel 1894 il convento venne adibito a cimitero.Per tutto il secolo successivo è stato oggetto di atti vandalici, a danno dei morti sepolti all’interno della chiesa, oltre che nei suoi pressi. Le ragioni che hanno spinto i responsabili a tali barbarie sono purtroppo solamente ipotizzabili. Probabilmente si trattava di sepolture di persone altolocate, e quindi gli sciacalli volevano solo accaparrarsi gli oggetti preziosi dei defunti.O forse i motivi sono ancora più profondi. Può essere che sia stato l’odio della popolazione locale, che viveva in condizioni modeste, a voler punire spietatamente quei morti aristocratici.In ogni caso, le immagini di quelle nefandezze sono ancora sotto gli occhi di tutti.Le operazioni di restauro effettuate sinora hanno prodotto un risultato incompleto.
Quello che rimane del convento di San Francesco è una struttura intonacata, come se fosse un palazzo popolare. E per di più questo lavoro è stato eseguito solo per metà. Quindi nessun rispetto nei confronti del sacro passato.Ma del resto che coscienza ci si può aspettare da chi ha lasciato fra le impalcature i miseri resti di esseri umani, le cui anime non riescono a trovare la pace. Il silenzio di chi conosce questa storia e la tiene per sé, quasi come se fosse un fatto di poco conto, è una colpa grande.Una responsabilità grave quasi quanto quella di coloro che hanno violato quei corpi negli anni addietro.Il monastero di San Francesco deve essere restaurato senza trascurare la sua vera natura. Ma soprattutto quelle ossa ammucchiate come se fossero rifiuti devono essere al più presto ri-seppellite.