«Promuovere il diritto al piacere, difendere la centralità del cibo e il suo giusto valore»: questa la mission di Slow Food. È sulla base di tale obbiettivo che la condotta locale Slow Food Magna Grecia Metapontum inaugura una rubrica settimanale, un viaggio tra il cibo, la tradizione e la cultura lucana, seguendo il filo rosso della nostra storia.
Nell’ottavo appuntamento: il Peperone di Senise, l’oro rosso lucano.
LA STORIA
Siamo a Senise, territorio compreso tra i 171 e i 651 m s.l.m., poco meno di settemila abitanti a centoventi chilometri dal capoluogo di regione, e la più grande diga in terra battuta d’Europa che si sviluppa lungo il corso del fiume Sinni. È questa la culla dell’oro rosso lucano, più di cinquecento anni di storia per un prodotto che ha attraversato l’Atlantico, dal mare dei Caraibi sino alle porte del Parco Nazionale del Pollino.
Il peperone, famiglia delle solanacee, genere Capsicum Annum, approda, infatti, in Europa dalle Americhe, grazie a Cristoforo Colombo. In particolare il suo arrivo nel territorio di Senise è stimabile attorno al XVI secolo per mano degli spagnoli che lo importarono dalle Antille. Proprio nel senisese questa pianta non solo trovò un microclima ideale per crescere e svilupparsi, ma anche una popolazione, quella lucana, molto attiva nelle selezioni colturali, pratica che permise alla preziosa solanacea di giungere fino a noi. Almeno inizialmente, la coltivazione del peperone, era destinata all’autoconsumo, ma nel corso degli anni la parabola economica di questa particolare cultivar ha conosciuto importanti cambiamenti: la realtà agricola è man mano mutata, e la coltura si è sempre maggiormente specializzata fino a poter garantire un reddito costante durante tutto l’anno ai nuclei familiari che si occupavano di questa produzione, imponendosi come una vera e propria risorsa commerciale e favorendo l’incremento dell’economia agricola locale. È così che fino agli anni ’80 la superficie totale coltivata a peperoni supera i 200 ha, ma la costruzione della diga di Monte Cotugno arriva a minacciarne la produzione, ridimensionando notevolmente le superfici agrarie adibite a tale coltura.
Nel 1996 il Peperone di Senise è riconosciuto come prodotto ortofrutticolo a indicazione geografica protetta (IGP) . «La conseguente nascita del Consorzio di Tutela dei Peperoni di Senise è rivolta soprattutto a favorire una produzione che risponda alle esigenze ampie e complesse che i nuovi mercati chiedono e a garantire un prodotto disponibile per il consumatore durante tutto l’anno e che qualitativamente sia realizzato nel rispetto della sanità e della tradizione».
LA PRODUZIONE
Appuntito, a tronco o a uncino: questi i tre tipi morfologici a cui è riservata la denominazione “Peperoni di Senise”, prodotto tra l’altro presente all’interno dell’Arca del Gusto Slow Food.
Per quanto riguarda le zone di produzione di tale eccellenza gastronomica, esse sono individuate nelle aree limitrofe al comune di Senise che comunque si affacciano per gran parte sulla Valle del Sinni e sull’Agri.
La semina avviene tra febbraio e marzo, mentre per la raccolta, realizzata manualmente trattandosi di una specie a maturazione scalare, bisogna attendere la prima decade di agosto, quando le bacche raggiungono la tipica colorazione rosso porpora. Queste sono quindi disposte su teli di stoffa in locali asciutti e ben areati, per almeno due o tre giorni, lontano dalla luce solare. I peduncoli vengono poi infilati in serie con spago fine facendo in modo che le bacche si dispongano a spirale angolata, l’una rispetto alla successiva. Il risultato sono le caratteristiche “collane” o “serte”, poi esposte al sole e successivamente riposte in locali arieggiati. Terminata la fase di essiccazione, i peperoni subiscono un trattamento in forno per eliminare il residuo di umidità.
Il prodotto secco si può quindi presentare sotto forma di serte, che possono raggiungere i due metri di lunghezza, o in polvere a grana finissima, ottenuta mediante la molitura, che ricorda, per il colore intenso, lo zafferano, per tale motivo il peperone viene anche chiamato, nel dialetto lucano, “zafaran”.
Una tanto particolare quanto semplice e gustosa preparazione del Peperone di Senise è rappresentata senz’altro da quello che viene chiamato “zafaran crusk”, ovvero il peperone crusco, croccante, essicato e poi fritto per pochi secondi in olio extra vergine di oliva; prodotto tipico della cucina lucana che figura, tra l’altro, nell’elenco PAT (Prodotto agroalimentare tradizionale).
IN CUCINA
Vi proponiamo di seguito la ricetta dei cavatelli con rape e Peperone di Senise
Ingredienti
1/2 kg di farina di grano duro,
1 cucchiaio di peperone macinato,
1 spicchio di aglio,
1 kg di rape,
olio evo q.b.,
sale.
Procedimento
Disporre la farina a fontana ed aggiungere l’acqua ed il sale. Lavorare fino ad ottenere un composto omogeneo. Ricavare dei bastoncini da 1 cm di spessore e di 2 o 3 cm di larghezza, quindi cavarli con le dita. Lavare e lessare le rape, a cottura ultimata immergere i cavatelli. In una padella soffriggere aglio, olio e peperone in polvere, scolare i cavatelli con le rape e farli saltare nel soffritto.
Simona Pellegrini