Riportiamo di seguito un’altra esemplare vicenda di malasanità di cui è vittima il Prof. Eustachio Bia, docente di Educazione fisica in pensione, il quale così scrive a Sud Italia Video.
“Questa che vi sto per raccontare è la mia storia, ovvero la storia di una malattia pressoché sconosciuta in Basilicata. La SLA. Una storia di malasanità, ignoranza e menefreghismo. Tantissime sono le persone che hanno questa malattia e che non possono permettersi di andare in giro a curarsi”.
“Tantissimi si lasciano morire. Raccontava Carlo Levi nel Cristo si è fermato a Eboli. Ma io penso che forse Cristo si è fermato al nord. Partiamo dall’inizio. Palleggiando in palestra mi accorgo che le mani non si muovevano all’unisono. Anche ai piedi ogni tanto notavo qualcosa di strano, come se non si alzavano. Vado dal neurologo e mi dice di fare una risonanza magnetica alla testa. Tralascio il seguito per concentrarmi sul presente. Così 4 anni fa mi viene effettuata una visita neurologica al San Carlo di Potenza e vengo ricoverato per una serie di indagini più approfondite. Ma dopo una settimana vengo rilasciato senza una diagnosi. Passano i mesi e faccio una elettromiografia a Tinchi. Ma anche questa elettromiografia dà esito negativo. Nel frattempo le mie condizioni di salute stavano peggiorando, e visto che in Basilicata non riuscivo a venirne a capo, vado all’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano. Ma anche in questa struttura non riesco ad avere nessuna risposta”.
“Così mia figlia, che si è laureata in ingegneria biomedica all’Università di Pisa, mi porta a fare una visita neurologica dal Prof. Ferdinando Sartucci, il quale, finalmente, inquadra la malattia e mi manda a Novara nel centro SLA della dottoressa Letizia Mazzini. Così, finalmente, danno un nome a questa mia patologia, che è una malattia multisistemica a carico del primo motoneurone, contraddistinta con il codice SLA. Purtroppo con mia grande meraviglia scopro che in Basilicata non c’è un percorso diagnostico, terapeutico, che permette di ricevere le cure ed effettuare gli esami necessari ed essere curati dagli specialisti che servono”.
“Perciò, continua Bia, ogni volta devo andare a Novara.
Vengo, poi, a conoscenza che la regione Basilicata tramite i Comuni, mette a disposizione dei fondi per questo tipo di malattia. Faccio allora domanda per accedere a questi contributi e dopo qualche mese mi chiamano dal comune di Bernalda per dirmi che non possono accettare la domanda di contributo, perché la diagnosi non è stata fatta in Basilicata.
E che non possono riconoscere come valida la dichiarazione fatta nel centro SLA di Novara. Questo accade ora, nell’anno 2022. Così penso a tutte quelle persone che hanno questa malattia e non hanno ancora una diagnosi perché in Basilicata è difficilissimo avere una diagnosi”.
“Comunque chiamo il cup e la prima visita neurologica me la fissano ad aprile del 2023. In sintesi, in Basilicata non esiste un percorso diagnostico-assistenziale per questa malattia e per una visita specialistica, bisogna aspettare 6 mesi. Poi altri 6 mesi per il pneumologo, poi l’otorino, poi il fisiatra, poi lo psicologo, poi il nutrizionista, poi il cardiologo … e così ti perdi nel buio infinito delle liste di attesa. In pratica quello che faccio a Novara in 2 giorni in Basilicata si fa 2 anni”.
Fin qui la storia narrata dal Prof. Eustachio Bia. Viene spontaneo chiedersi e chiedere ai responsabili della Sanità di Basilicata cosa intendono fare per ovviare a queste clamorose e dannose angherie, che, se non corrette diligentemente e rapidamente, non possono che aggravare le condizioni di salute di inermi cittadini, discriminati dalle loro condizioni sociali, economiche e finanche geografiche. Costretti, loro mal grado, ad emigrare verso le strutture sanitarie dell’Italia settentrionale.
Eppure l’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Una norma sancita 74 anni fa dalla saggezza e dalla lungimiranza dei padri costituenti, ma non ancora completamente attuata dalla classe politica di oggi. Una questione di qualità delle persone e/o di ordinario menefreghismo?
Pino Gallo