Con una piccola cerimonia, stamattina il sindaco di Matera, Domenico Bennardi, insieme agli assessori Tiziana D’Oppido (Cultura) e Angela Mazzone (Patrimonio), ha scoperto la targa di via Don Vito Staffieri, una stradina di collegamento tra via del Corso e via delle Beccherie alle spalle del banco di Napoli, intitolata allo storico parroco materano. L’Amministrazione comunale ha voluto così onorare la memoria di don Staffieri, che per quasi tutto il Novecento ha prestato la sua opera di assistenza ai deboli ed ai poveri in alcune parrocchie della città. Alla cerimonia ha preso parte don Francesco Di Marzio per l’Arcidiocesi di Matera-Irsina, che sta curando anche la causa di beatificazione di don Staffieri, e alcuni parenti del parroco con la pronipote Adele. «Abbiamo voluto dare il giusto riconoscimento alla figura di un sacerdote materano, servo di Dio, la cui opera evangelica è universalmente riconosciuta a vantaggio degli ultimi, degli anziani, dei carcerati e in difesa dei più poveri. -ha detto Bennardi- Tutto si è concretizzato, oltre che in una personale testimonianza di vita, in opere oggi ancora presenti.
Di Staffieri si ricorda anche la particolare attenzione rivolta alla formazione dei giovani in qualità di insegnante nel Seminario diocesano, nonché la sua cultura, quale studioso di Teologia ed autore di numerosi volumetti e pubblicazioni. Lui percorreva spesso questa strada, venendo dalla sua chiesa di Santa Lucia, dove accoglieva i giovani e li coinvolgeva nel catechismo dando loro le caramelle. Da materano sono davvero orgoglioso di inaugurare questa strada». All’anagrafe Vito, Donato, Cipriano, Emanuele Staffieri, don Vito nacque a Matera il 10 maggio 1885 dove morì all’età di 106 anni, il 5 agosto 1991. Il suo corpo riposa nel cimitero vecchio, dove di recente la Curia ha apposto una targa per indicarne la tomba. Il soprannome della sua famiglia era “Paradiso”, per indicarne il benessere, ma anche l’essere di indole gentile e disponibile. Don Vito il 16 luglio del 1911 venne ordinato sacerdote, con incarico di confessore presso San Rocco e ospedale, San Francesco Assisi, Santa Chiara e Santa Lucia. Oltre al Rettorato di Santa Lucia, divenne cappellano delle suore di Sant’Anna (ospedale) e delle Riparatrici del Sacro Cuore e assistente d’Azione cattolica Giovani. Appena ordinato sacerdote gli fu affidata la rettoria della chiesa di Santa Chiara. Qui operò instancabilmente innovando il culto e la devozione verso la Madonna del Carmine e avviò il catechismo. Reclutò i ragazzi dei rioni che sostavano nelle piazzette per tutto il giorno.
A fine catechismo, don Vito regalava a ciascuno una caramella; in quegli anni di povertà una caramella era una ricchezza per i ragazzi. Reclutato nella prima Grande Guerra dal 1916 al 1919, giovanissimo sacerdote fu soldato di sanità a servizio degli ospedali militari di Altamura, Bari, Canosa e di Salonicco, esperienza che gli provocò una totale sordità. Allora fu incaricato dall’arcivescovo dell’epoca di occuparsi presso la Cattedrale di Matera della formazione e del sostegno spirituale dei giovani sacerdoti. Furono da lui guidati, sostenuti: don Pietro Tataranni, don Vito Fontana, padre Alba, don Giacinto Paolicelli, don Felice D’Ercole. Il progetto più grande a cui si dedicò fu la “Cittadella” della umana e cristiana fraternità, il Villino del sollievo, che avrebbe accolto poveri e bisognosi. Con le offerte di denaro raccolte riuscì a comprare un pezzo di terra sterile sulle murge dove sarebbe sorta la Cittadella, rimasta incompiuta.