Gorgoglione. Con lo stop imposto dalla Regione Basilicata all’impianto di Tempa Rossa a soli quattro mesi dalla sua messa in esercizio per “attività di manutenzione sostanziale”, così come richiesto dal presidente Bardi e dall’assessore Rosa, oggi più che mai si impongono una serie di interventi atti a garantire la più assoluta sicurezza, la salute e l’incolumità delle numerose comunità che fanno da corona all’impianto della Total.
“Ne prendiamo finalmente atto con grande soddisfazione, dice Francesco Nigro, nella sua qualità di presidente del Comitato Civico per Gorgoglione, perché ciò va esattamente nella direzione di quanto chiede da sempre la nostra libera associazione di cittadini, nata nel 1999 per la salvaguardia della Memoria Storico-Culturale-Ambientale del luogo, perché ci troviamo proprio a ridosso dell’insediamento centro oli Tempa Rossa, adibito a prima depurazione del greggio estratto dagli attuali sei pozzi della concessione Gorgoglione”.
Con una nota del 25 novembre 2020 il Comitato scriveva alla Total per condannare “l’ennesimo scempio del nostro territorio, dopo aver registrato molti incidenti di eventi in torcia, fumate, e puzze di uova marce denunciate da vari sindaci durante le prove di esercizio, che termineranno a metà dicembre con l’entrata a pieno della produzione; consci delle gravi preoccupazioni univoche per il surriscaldamento del pianeta, conseguente buco dell’ozono ed emissioni in ambiente di svariate sostanze inquinanti, siamo rimasti basiti nel conoscere l’esistenza del brevetto Polimi del Politecnico di Milano, datato 21/10/2015. Un brevetto, che secondo il Comitato, se utilizzato nella costruzione del centro di prima depurazione del petrolio convogliato a Tempa Rossa dai sei pozzi della concessione, sfruttando una reazione di ossido – riduzione, abbatte i prodotti nocivi di scarto liberati in atmosfera e produce, invece, energia pulita.
Il presidente del comitato osservando che il centro oli in questione veniva presentato come un impianto ad alta tecnologia ha chiesto alla Total se il brevetto citato sia stato preso in considerazione per tentare di limitare le emissioni in ambiente. Oppure sia rimasto nel cassetto, preferendo le compagnie ritenere più profittevole utilizzare le torri in torcia quali vere e proprie discariche in atmosfera.
Infine, con altra lettera del 7 gennaio scorso Nigro chiedeva al Dr. Massimo Barbieri del Politecnico di Milano se il progetto Polimi era stato adottato dalle società petrolifere. Purtroppo la risposta è stata negativa, sebbene la domanda di brevetto è stata presentata prioritariamente in Italia e l’invenzione è stata successivamente tutelata in Europa e nei principali Paesi industrializzati, quali USA, Cina, Russia e Canada.
“Sono stati fatti notevoli sforzi, anche economici, per mantenere la tutela e cercare di trasferire all’industria questa tecnologia, ma sinora senza successo”, chiosava Barbieri. “Ho proposto questo metodo a varie multinazionali ma il progetto non è stato giudicato abbastanza profittevole”. Ovviamente non per i cittadini. “In ogni caso, sottolinea il funzionario del Politecnico di Milano, il nostro impegno continua sia sul fronte del trasferimento tecnologico, sia sullo sviluppo di procedimenti e prodotti sostenibili da un punto di vista ambientale perché abbiamo in portafoglio diverse soluzioni tecnologiche “green”.
“Per noi del Comitato, sintetizza Nigro, il brevetto Polimi rappresenta una speranza per la conservazione di un ambiente sano e rispettoso di uomini, animali e piante. Di tanto abbiamo anche informato i Commissari per il Clima e per l’Ambiente dell’Unione Europea, Frans Timmermans e Virginijus Sinkevicius.
Pino Gallo