“Tarsus” è l’ultimo dei grandi reportage prodotti in Basilicata in coda all’epocale tradizione fotografica novecentesca che vede il territorio – e Tricarico in particolare – al centro di una specifica attenzione internazionale che ha creduto di poter recuperare qui categorie dell’immaginario e dell’antropologia utili all’elaborazione dei traumi derivati dai grandi rivolgimenti sociali della modernità nel secondo dopoguerra. Stabilisce però inconsueti e inattesi approdi sul tema delle rappresentazioni territoriali, specie se posto in confronto con i reportage di Henri Cartier-Bresson in Basilicata di 70-50 prima, qui custoditi e visitabili per l’occasione: un flusso di immagini anti-ideologiche, lontane dalla ricerca della composizione e del bello, in cui un’umanità in una periferia qualsiasi del mondo globale è colta in frantumi, disorientata, mai più in carico di rappresentare una comunità e una civiltà in un frangente determinante della storia.
Avviato nel contesto di una residenza d’artista che il fotografo Eli Dijkers ha svolto in Basilicata nel 2018 con Porta Cœli Foundation, “Tarsus” è l’involontario esponente contemporaneo di un format – quello del fotoreportage di scoperta e esplorazione in Basilicata – antico e fortunato che vede in Tricarico e nella sua collezione pubblica un importante testimone, custode, propagatore. Se il peso delle azioni che compiamo in un dato contesto è determinato dalla possibilità di scorgervi codici e rituali della cultura che abitiamo, il passaggio di Eli Dijkers nella casa della fotografia lucana acquisisce il tono di un momento necessario e fecondo sulla via della costituzione di un atto di rilevanza storica.
Il titolo del progetto, “Tarsus”, è l’originale controindicazione a una suggestione che molti non-italiani utilizzano per indicare il territorio italiano: se l’Italia è uno stivale, per Eli Dijkers la Basilicata deve esserne il tarso. Ossia quella parte dello scheletro del piede che si trova tra gamba e dita e che, attraverso un’architettura complessa e minuta, consente di esprimere una gamma di movimenti anche molto articolata e sottile, e che al contempo può sopportare forze rilevanti e inibire movimenti indesiderati, consentendo così di camminare e – all’uomo – di mantenere la posizione eretta.